Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9,14-15
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».
Gesù si presenta implicitamente come il Messia atteso. Nel linguaggio simbolico orientale il tempo della salvezza e i giorni del messia erano descritti nella letteratura rabbinica col ricorso proprio ai festeggiamenti tipici delle nozze. Gesù, il Cristo si presenta come il fidanzato, il portatore dei bene salvifici. Non era nuova l’immagine del matrimonio che se ne usava; qui però c’è una novità sorprendente: è Gesù che si presenta nell’atto di realizzare nella sua persona il contenuto di un simbolo usato dallo stesso Signore per descrivere la sua relazione d’amore col popolo eletto (vedi quel che dice Osea). Era stato annunciato chiaramente che sarebbe giunto un giorno nel quale egli si sarebbe presentato a Israele come lo sposo fedele, come il vero marito.
Ebbene, la speranza si è realizzata, la promessa è stata mantenuta e adempiuta. E’ importante allora entrare a far parte degli amici dello sposo, per far festa, rallegrarsi delle sue nozze. E’ tempo di gioia e non di pianto, di cibo abbondante e non di digiuno. Se è giunta la pienezza del tempo tanto attesa tutti sono invitati alla gioia. Per gli ebrei contemporanei di Gesù era una sfida troppo grande, troppo impegnativa, una sfida che andava alla radice del rapporto tra il popolo e Yahvè, tra ogni ebreo e la vita religiosa, il suo rapporto non solo con Dio, ma anche con tutta la storia e la vita del suo popolo. Gesù è in vena di fare tanti squarci nella mentalità religiosa del Tempio per entrare in un nuovo ordine di idee, una nuova storia tra Dio e il suo popolo, quella definitiva.
La novità radicale che comporta la presenza del regno in Gesù e nella sua persona, nel suo stile di vita, nel suo dialogo quotidiano con Dio Padre, che gli ebrei del suo tempo pensavano essere la sacralità e irraggiungibilità di Yahvè cambia gli stampi tradizionali, anzi li deve rompere. Non mancherà Gesù più avanti di convincere i suoi ascoltatori a non ridurre la novità assoluta che Lui è ad un collage di pezze, di adattamenti, di compromessi… Essere nuovi vuol dire smettere di vivere alla maniera vecchia ed entrare in una assoluta novità, sia del rapporto con Dio che della vita comune con i fratelli.