Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1,14-20
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Avere un lavoro oggi è una fortuna. È possibilità di vita, di sviluppo della persona, di creatività, di libertà di decidere di sé, di fatica, ma anche di progetto, di futuro. Quando lo perdi vai in crisi nera. Oggi che sei costretto a cambiarlo piuttosto spesso, se hai una certa età provi ansia e disperazione. In certe zone d’Italia puoi stare in area di parcheggio per una vita e spesso sei costretto ad emigrare.
Proprio entro questa esperienza quotidiana, comune, intensa fa la sua irruzione Gesù. I lavoratori sono pescatori, proprietari e salariati. Vita dura, esposta ai capricci della sorte, si può stare tutta notte a raschiare il fondo del lago senza prendere niente, qualche volta ti sorprende la burrasca e rischi la vita. Ma è sempre il tuo lavoro, la tua possibilità di vivere e di essere. Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni ci stanno da una vita. Ma arriva Gesù nel mezzo della loro fatica, mentre gettano le reti o mentre le rassettano. “Ma vi rendete conto che siamo a una svolta della nostra storia? Non sapete che sta scoppiando una novità inaudita, nuova, impensabile? Avete posto orecchio e occhio a quel che capita? Non vi suggerisce niente il vostro cuore? Non percepite che la terra sta gemendo per le doglie di un parto? sta nascendo un mondo nuovo e voi state a tendere l’amo ai pesci, state a litigare con le correnti, a ingarbugliavi con le reti!? Il regno di Dio ci scoppia tra le mani e voi lo lasciate passare?
Bisogna che vi lasciate rivoltare la vita, occorre guardarla da un altro orizzonte. C’è qualcosa di ancora più importante del vostro lavoro: non sono i pesci da pescare, ma gli uomini da salvare. Seguitemi, vi farò pescatori di uomini, Pietro il tuo posto è oltre le tue barche, i tuoi tradimenti e le tue cocciutaggini; è in una nuova casa per tutti gli uomini: la Chiesa. Ci state a darmi una mano? Non vedete quanti uomini hanno perso la speranza, si adattano alla mediocrità, si impantanano nei loro peccati?”.
E questi, subito, lasciate le reti, lo seguirono. Noi invece siamo esperti del calcolo, del rimando, del pesare bene tutte le opzioni, dell’indugiare, del lasciar passare la vita nella nostra inerzia. Nel regno di Dio c’è lavoro per tutti, tanto che il nostro stesso lavoro ne è un cantiere se vi saranno dedizione alla giustizia e alla solidarietà. Se il lavoro è un cantiere del regno di Dio, ci può aiutare a dare a tutto quello che facciamo quella carica ideale che deve avere ogni attività e operosità umana. C’è sempre da collocare ogni nostro gesto nella dignità della nostra persona umana. Non siamo automi, non siamo oggetti, non siamo macchine, ma persone che hanno un cuore, un progetto, delle attese, dei sentimenti; siamo persone che possono essere solidali, capaci di aiuto e di sostegno. Quando lavori non c’è solo una parte di te che viene messa a disposizione del tuo compito, ma ci sei sempre tu, con tutta la tua vita, intero, con la tua coscienza e i tuoi ideali. Mentre lavori la tua vita passa e deve diventare ogni giorno di più un dono, un regalo originale per tutti. Per questo dobbiamo sporgerci di più verso i deboli perché tutti possano godere dei diritti e vivere i doveri di ogni buon cittadino.