Cristo regna dalla croce

Audio del Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 18,33b-37)
 
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Audio della riflessione

A scuola abbiamo studiato tanti regni che si sono sviluppati, succeduti nelle varie nazioni, a partire dai nostri in Italia fino a quelli antichi e di tutto il mondo. Ricordiamo alcuni re e imperatori: Alessandro Magno, Cesare Augusto, Carlo Magno, Napoleone. Francesco Giuseppe, Carlo di Asburgo… Dal vangelo si coglie subito che il regno di cui parla Gesù alle folle che lo seguono e il re che egli fu, è molto diverso dai regni che abbiamo studiato a scuola, o da quelli che si vogliono imporre con la forza e la violenza, camuffandole di democrazia. Pilato ha sete di potere, si trova male in questa lontana provincia dell’impero quasi in castigo e senza prospettive di promozione. Sente dire di Gesù che è re e non gli par vero di prendersi gioco di lui e con supponenza lo tira in giro: “dunque tu sei re!?” Gesù risponde e lo invita ad uscire dalla sua “cancelleria”, dal suo “dipartimento”, dalla sua Casa Bianca. “Il vero regno non è questo che tu rappresenti.”

Il suo regno, il suo potere è una crocifissione, con tanto di piccole e grandi miserie che la colorano. Gli chiede un ladro che spera di farla franca un’altra volta: “Ho anch’io una croce addosso da tutta la vita: non me l’hai tolta neanche tu. Che aspetti a tirarci fuori da questa sporca vicenda?”, È sempre e tutta violenza, tutta visione della vita senza cuore, senza andare nell’intimo della storia del mondo, dell’uomo e di Dio.

L’altro ladro però intuisce qualcosa: quegli occhi, quel volto, quel respiro è di chi regna sugli uomini solo se l’uomo riconosce di dover essere perdonato e si lascia rinnovare da quel perdono. È un regno che non ha consistenza in sé stesso, non può contare su truppe, strategie, costrizioni. Diventa vero solo se l’uomo si lascia amare. È il regno dei nuovi crocifissi agli alberi delle foreste africane, delle madri e delle ragazze indiane violentate e uccise perché cristiane, dei cristiani irakeni ammazzati mentre celebrano l’eucaristia e aggiungono al sangue di Cristo il loro sangue, dei cristiani bruciati nelle loro case, violati nella loro piccola e serena intimità. Oggi sarai con me in Paradiso.

 San Giovanni Crisostomo ebbe a dire: “Il paradiso chiuso da migliaia di anni è stato aperto per noi “oggi” dalla croce. Infatti, oggi, Dio vi ha introdotto il ladrone. Compie, in questo, due meraviglie: apre il paradiso e vi fa entrare un ladro. Oggi Dio ci ha reso la nostra antica patria, oggi ci ha ricondotti nella città eterna, oggi ha aperto la sua casa all’intera umanità. “Oggi, dice, sarai con me in paradiso”. Cosa stai dicendo, Signore? Sei crocifisso, inchiodato e prometti il paradiso? – Sì, affinché tu possa imparare quale è la mia potenza sulla croce… Non è risuscitando un morto, né comandando il mare e i venti, né cacciando i demoni, bensì crocifisso, inchiodato, coperto d’insulti, di sputi, di scherzi e di oltraggi, che egli ha potuto cambiare il cattivo destino del ladro, affinché tu vedessi i due aspetti della sua potenza. Scosse tutta la creazione, spezzò le rocce e attirò l’anima del ladro, più dura della pietra…

Questo è il regno di Cristo e questo fa molto più paura degli eserciti, perché è un regno di risorti, di gente che non giacerà mai morta e che continuerà a vivere e risorgere in sé stessa e nelle coscienze e nelle nuove comunità che nasceranno. Noi siamo tutti figli di martiri, le nostre antiche chiese sono nate tutte nel sangue di un dono senza condizioni della vita di chi ci ha preceduto. Ora invece le nostre chiese stanno imbarbarendo nella asfissia, nell’autocompiacimento, nella melassa di abitudini piccole-piccole, nella insignificanza.

Il simbolo del regno di Dio non sarà mai uno stemma, anche vescovile o papale, un logo, un disegno, uno sfondo, un contrasto con tanto di cornice e di classicità, ma sempre e solo una croce. Dio ha uno strano modo di rivendicare il suo potere, è quello di morire perdonando. Gesù ricordati di noi quando sarai nel tuo regno, non ci dimenticare nelle nostre pazzie, nei nostri peccati, nelle nostre malvagità, ma attiraci a te. Tu dicesti quando sarò innalzato da terra tutti attirerò a me. È la tua croce che ci salva.

Cristo re, a questa maniera ci addita una strada: convertitevi, il regno dei cieli non è dalla parte del potere, dell’aggressione, delle guerre, lo troviamo se facciamo una inversione a U. Questa inversione a U Pilato non l’ha mai neanche immaginata, è entrato e uscito dalla sua stanza dei bottoni almeno 6 o 7 volte, tanto non si raccapezzava più. Alla fine, se ne lava le mani; non si prende nessuna sua responsabilità.