Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,35-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
C’è un’arte pervasiva nel mondo di oggi, di cui sono cultori soprattutto i mezzi di comunicazione sociale, che è quella del far addormentare le coscienze, imbonire le persone, orientare senza far pensare, influenzare, togliere grinta alla vita. La televisione ne è maestra; il resto lo fa la pubblicità, la carta stampata, i call center, le radio commerciali, i cellulari. Il vangelo invece ci dice che bisogna stare sempre svegli. La vita non è un sonnifero, la fede ancor meno; la vita cristiana è una continua accoglienza di uno che viene, in mezzo alla notte della vita o prima dell’alba di un futuro sicuro. Dio verrà, il Signore ha promesso di non lasciarci soli.
Essere svegli significa saper attendere, guardare continuamente oltre, non accontentarsi degli equilibri raggiunti, non sedersi tranquilli pensando che la vita te la facciano gli altri, avere grinta in ogni difficoltà, essere consapevoli di un compito affidato, puntare sul futuro sempre. Quanto invece è diversa la vita di chi è sfiduciato, di chi non spera più niente, di chi vive come un pacco sballottato da ogni parte, senza meta, navigando a vista! Qualcuno sembra vivo, ma solo perché si fa di cocaina, ha l’impressione di essere potente, di dominare gli eventi, di tenere tutto sotto controllo, poi si affloscia miseramente e diventa un pericolo pubblico per la vita degli altri, per esempio quando guida una automobile in questo stato. Da schiavo vive soggiogato e non decide più di niente. Non è più sveglio se non per continuare ad essere usato. Non hai le manette ai polsi, ma hai la mente spenta e la vita privata di ideali.
Essere svegli è accorgersi degli altri, è tendere l’orecchio per percepire il sussurro dell’umanità che ci circonda e che chiede aiuto, solidarietà, offerta di ideali. Essere svegli è sapere che la vita non dipende da noi, che ne dobbiamo rispondere a chi ce l’ha donata, è sapere che la nostra esistenza è nelle mani di Dio e che è continuamente guardata con amore. Essere svegli allora è rispondere a questo amore, offrire la propria vita perché se ne realizzi quella parte che il Signore ha affidato a noi di comunicare. Essere svegli è non temere la morte, perché abbiamo sempre il cuore aperto all’attesa e niente ci fa paura perché Dio non ci abbandona mai.
Oggi la Chiesa celebra la grande santa figura di san Giovanni Paolo II, di cui sono l’ultimo vescovo mandato in una diocesi italiana e con cui ho vissuto tutta la storia delle Giornate Mondiali della Gioventù e soprattutto l’apoteosi di esse nell’Anno Santo del 2000 a Tor Vergata. Quando decidemmo di sostituire una delle tre catechesi ufficiali di ogni GMG, offrendo a tutti i giovani nelle tre giornate romane, la possibilità di compiere un pellegrinaggio alla basilica di san Pietro che ha visto passare i 2 milioni di giovani in fila pregando e cantando, ascoltando la Parola del Signore, non sapevamo che a distanza di pochi anni avremmo fatto lo stesso percorso per dargli l’estremo saluto nella stessa basilica davanti alla quale ci aveva ricevuto. Oggi dal cielo sicuramente ci fa ancora coraggio, ci benedice e ci ridice: Aprite le porte a Cristo come nel giorno dell’elezione il 22 ottobre del 1978.