Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,37-41)
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Siamo sempre preoccupati quando accettiamo un invito a pranzo di non fare figuracce o di essere indelicati e tanto meno offensivi verso chi ci ospita. Un minimo di galateo lo abbiamo imparato, l’esperienza ci ha dato anche qualche suggerimento in più, l’amicizia con l’ospite ci mette ancora di più a nostro agio e diventiamo più spontanei. C’è insomma un felice rapporto tra i comportamenti esteriori e i sentimenti che governano il nostro rapporto. Non immagineremmo mai con un nostro amico di fingere, di ostentare, di metterci in posa. Il rapporto è schietto e sincero: al comportamento esterno corrisponde l’intensità dei sentimenti di amicizia.
Così deve essere anche con ogni fatto della nostra vita. Un giorno Gesù a un invito a pranzo non compie un gesto normale per un pio ebreo: purificarsi le mani, che è qualcosa di più di lavarsele se sono sporche; è un rito dei tanti (più di 600) che la religione ebraica imponeva e che un poco alla volta provocavano quella esteriorità che si nota in tanti comportamenti religiosi e che non sempre traduce un sentimento interiore di rapporto con Dio. Si rischia di scambiare il rapporto col Signore con una serie di gesti, di simboli che riducono a posa, spesso insignificante, ogni sentimento religioso.
Gesù si sente quindi immediatamente rimproverare di non essere stato a queste regole e non perde l’occasione di aiutare il fariseo e tutti noi a fare un salto di qualità nei simboli religiosi. Gesù usa un esempio lampante per stigmatizzare questa deriva della religione ebraica che è una deriva di ogni religione che dà più importanza all’esteriorità che alla sostanza. Pensate di più a come si presenta un piatto, piuttosto a che cosa mettete dentro per l’ospite; vi preoccupate dell’esterno, del comportamento invece che dell’interno, dei sentimenti da cui nascono buoni comportamenti.
La religione la fate diventare una farsa, un distintivo, un segno di croce pure o un rosario al collo, la svuotate dell’intimità di un rapporto con Dio che diventa immediatamente un tradimento dei rapporti con gli altri. Mettetevi in cuore veri sentimenti religiosi e questi potranno diventare opere di bene; date in elemosina quello che sta di bello all’interno di voi, date il vostro cuore a chi ha bisogno di un gesto d’amore, un pane a chi ha fame, un sorriso a chi è triste, una compagnia a chi è solo. Non siete a posto con Dio se curate solo la facciata. I segni sono importanti se traducono la fede, non se sono solo decorativi e ancor meno se ostentano una apparenza di qualcosa che non c’è. Gesù non è sicuramente un iconoclasta, un distruttore di segni e simboli, ma vuol vedere sempre sotto di essi la verità della vita e dell’amore a Dio e al prossimo.