La miseria lo vuol soffocare, ma viene sconfitta

Audio del Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6,53-56
 
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.

Audio della riflessione

Ci sono dei luoghi in cui non vorresti mai stare; ci sono assembramenti di persone, che ti stringono il cuore, ci sono tante concentrazioni di dolore che ti tolgono il respiro. Tutti abbiamo provato a stare tra i malati di un ospedale, nelle corsie abitate da lamenti e dolori; molti di noi si sono trovati in una casa di anziani, di sofferenti, di persone che soffrono o in un carcere o in un campo di profughi e rifugiati. Abbiamo negli occhi quello che spesso la TV ci fa vedere di bambini affamati, di lebbrosi, di feriti da terremoto o tsunami o guerre. Questa impressione mi dà quella pagina di vangelo che racconta di Gesù che dovunque andava gli facevano trovare davanti tutte queste miserie concentrate.

Ma quanto male c’è nel mondo? Tutto a me lo portate? Mi volete soffocare, mi togliete il respiro, che cosa volete che faccia? Si era diffusa la sua fama, ormai aveva suscitate nuove speranze. Chi nella vita non s’aspettava più niente ha cominciato ad alzare il capo a percepire che forse la sua umanità poteva essere ancora vivibile in rapporti conciliali con tutti, che la sua malattia, poteva essere vinta.

E Gesù non si sottrae; lui è la vita e dove passa scoppia piena; non solo quella fisica, ma soprattutto quella interiore, la voglia interiore di vivere, di tornare a sperare, di dare alla propria vita un futuro migliore. Ma c’è una cosa che sorprende in tutti questi malati: tutti lo vogliono toccare, tutti vogliono avere un rapporto diretto con lui.

Il cristiano è proprio così: vuole toccare Gesù, vuole e deve avere un contatto personale con lui. Gesù te lo devi incontrare tu nella tua interiorità. È nel profondo della coscienza, non sta sulle bancarelle, nemmeno in piazza, è nel tuo essere profondo. E quando i malati riuscivano a toccare Gesù, a stabilire con lui un contatto personale, ne tornavano cambiati rifatti, pieni di speranza; capitasse anche a noi di incrociarlo per le nostre strade, sul nostro treno, nelle nostre code, sui banchi di scuola o davanti al tormento di un computer. È una speranza vera che anche il giubileo ci garantisce.