Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 8,5-11
In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».
Ho tutto quello che mi serve, ho fatto una bella carriera, ho amici che mi idolatrano, quando non ci sono mi cercano; ho successo negli affetti; in famiglia sono stato fortunato; il lavoro mi dà soddisfazione; la salute non manca. Mi pare di stare fin troppo bene. Non ho bisogno di nessuno, anzi sono pure capace di aiutare quando serve.
Ma ho bisogno di qualcosa di più profondo. Mi sento come un buco nella vita. Ogni tanto si fa sentire: me lo fanno nascere quelli che stanno attorno a me, le disgrazie che capitano, i figli dei miei amici che muoiono di droga, di incidenti, che sballano. Ho allargato la mia casa a tutti perché tutti fanno parte della mia vita. Signore se tu potessi cambiare queste sofferenze in gioia! Se tu potessi guarire queste ferite, se ci potessi dare la tua pace!
Aveva forse quest’animo il centurione, l’ufficiale dell’esercito romano, che seguiva da lontano Gesù nella sua predicazione, probabilmente si doveva mescolare alla folla per dovere di vigilanza e sentendo Gesù era rimasto colpito della sua visione del mondo, dell’amore che cercava di accendere, del potere di sconfiggere il male.
Ho un servo che mi sta morendo. Tu puoi fare qualcosa. Io non sono del tuo mondo, sono qui per dovere, ho mansioni da eseguire, ma anch’io ho un cuore, ho degli affetti, ho una casa dove non sempre tutto è tranquillo. Ci sono problemi più grandi di me: la salute, per esempio, non è sicuramente in mio potere. Gli altri mi vedono forte, perché sono un soldato, ma non sono le armi che contano nella vita. Ho bisogno di te.
E Gesù dice: vengo da te, vengo a casa tua. Ma il centurione non ha una casa in ordine per un ospite così grande, per quel Gesù che gli sta sconvolgendo la vita e dice: ho osato troppo: nella mia casa non saresti onorato come ti meriti. Mi basta una parola, dì soltanto una parola; tu sì che veramente hai in mano le chiavi della vita. Mi devo cambiare dentro, devo togliermi dal cuore il male che per troppo tempo ha avuto tutte le possibilità di rovinarmi i sentimenti e i pensieri. Ti vorrei avere, ma con un cuore nuovo. Mi basta la tua parola potente.
Gesù lo ascolta, coglie la grande delicatezza del soldato, ne vede la gratuità e ne avverte l’adorazione e dice la parola che salva. Disse all’ufficiale: torna a casa tua, hai creduto e così sarà.