Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,12-14)
In quel tempo, Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Se non teniamo alto il nostro senso di umanità, tipicamente italiano, che ci fa essere un popolo generoso, altruista, bonaccione, cordiale e ospitale, a confronto di un modello imprenditoriale che sta caratterizzando giustamente le nostre attività produttive, perdiamo il valore della gratuità. Oggi tutto si calcola, tutto si deve programmare per vedere quanto spendo, come spendo, quanto guadagno e che utile massimo ne posso ricavare, come ottimizzare i tempi e calcolare le opportunità, come distribuire le energie e ricuperare i tempi morti. A parte che anche nella produzione occorre trattare la persona come tale entro un contesto non solo di calcolo, ma anche di distensione umana. Se è vero che per produrre e garantire ai dipendenti un lavoro sicuro occorre reggere alla concorrenza, è anche vero che la vita è fatta anche di spazi di gratuità.
Quanto è bello essere gratuiti, invitare a casa un amico perché è un amico, fare un servizio a una persona conosciuta per sovrabbondanza di disponibilità, aiutare un povero senza preoccuparci di tenercelo legato, fare dei favori senza calcolare che prima o poi ne avrò bisogno io e gli chiederò conto. Aiuto qualcuno perché anche lui impari ad aiutare un altro meglio di come faccio io; offro la mia disponibilità in caso di bisogno senza fare l’elenco delle persone aiutate e stare a lamentarmi quando nessuno mi ricambia. Il bene è bello quando è bene gratuito fino in fondo.
Dice Gesù: quando fai un banchetto invita tutti i più scalognati che non avranno mai la possibilità di ricambiarti, assicurati nella vita il respiro indispensabile della gratuità per vivere sempre da uomo e non da registratore di cassa. Dio ci ha amati così, ci ha lasciato liberi, ha sprecato alla grande il suo amore a fiumi per farne nascere una goccia tra di noi. Nella vita quotidiana abbiamo bisogno di gente che sciala nell’amore, che sperpera nell’accogliere, che si spende per fare buono il mondo.
Se si calcola solo, i conti non tornano mai, se non si calcola se ne avrà in sovrabbondanza; non sarò io a goderne, ma sicuramente l’umanità e questo mi basta, come è bastato a Gesù far irrompere nel mondo l’amore e aspettarsi da una croce la risposta. Non è stata quella dell’uomo, ma quella sovrabbondante di Dio. Una speranza così ci riempie di gioia.
Ci può aiutare a coltivare questi atteggiamenti la vita di famiglia che è maestra della gratuità del dono, che per prima riceve da Dio. Il dono è il suo compito e la sua missione nel mondo. È il suo volto e la sua identità. Solo così tutte le relazioni si fanno autentiche e si innesta un legame di libertà con le persone e le cose.
Non possiamo oggi non ricordare e invocarne la protezione della grande figura di san Carlo Borromeo che aveva a questo riguardo un animo delicatissimo in una mente di grande apertura verso Dio e verso tutta la sua gente, che, come vescovo, andò a visitare, incontrare, difendere e servire nei luoghi più sperduti della sua vastissima cura pastorale.