Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,18-21)
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
La nostra mentalità moderna punta molto sullo spettacolare, sul grandioso, sulle manifestazioni di potenza e spesso cancella le piccole tracce di umanità e di bontà che sempre resistono nella vita delle persone. Si vorrebbe che il bene trionfasse con i criteri dei mass media, si pretende di fotografare ogni attimo della vita per mandarlo in diretta, si crede che si esista solo se ci si può far vedere. Invece il mondo non va avanti così. La vita degli uomini è frutto dell’apporto umile, ma concreto, di ogni vita umana, semplice, dedicata; è collocata dentro un tessuto di amore che non ha bisogno di apparire per essere vero, anzi esige interiorità, silenzio, umiltà. Questa è l’esperienza che ciascuno di noi ha vissuto nella sua famiglia, nella dedizione di mamma e papà, dei nonni, degli zii, dei fratelli e delle sorelle, dei malati e dei sani.
Il regno di Dio, proprio quel progetto profondo di vita vera che deve pulsare nel mondo, è di questo tipo: è un granello di senapa, una manciata di lievito. Non si impone per la maestosità o grandezza della sua consistenza, ma per la forza interiore regalata da Dio, che nessuno può vincere. Il sogno di Dio sull’umanità si realizza nella debolezza e nella disponibilità alla sua volontà, addirittura nella sofferenza portata per sé e per gli altri. Le nostre megalomanie sono un ostacolo al Regno di Dio. La nostra frenesia di potere non è imparentata con l’avvento del suo Regno. Il chiasso, l’esposizione sulla scena che conta, gli apparati non sono parte del regno di Dio, ne sono spesso un intralcio.
Il lievito scompare nel fermentare tutta la pasta, il granello di semente muore per dar vita a qualcosa di impensabile. Dio opera soprattutto entro la nostra inconsistenza. La fionda del ragazzetto Davide portava solo un sasso e il gigante si è schiantato a terra; Gesù era un uomo buono senza legioni, è stato ucciso come un delinquente; la sua estrema debolezza di fronte al potere è stata la sua forza, perché si gettato nelle braccia del Padre.
Lo sparuto gruppo di apostoli, dispersi e perseguitati, cacciati e sopraffatti, è diventato il seme di un nuovo mondo. La stessa chiesa ha conosciuto la massima sua diffusione per il sangue dei martiri, degli sconfitti. È più regno di Dio il costruirsi giorno dopo giorno che il dispiegamento di una organizzazione. Nella storia, quando la chiesa si è appoggiata sul potere è sempre stata meno credibile, ha sempre perso. Dio opera così, in questo modo si costringe a non lasciarci mai soli, a non abbandonarci mai.