Dal Vangelo secondo Luca (Lc 12,49-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
C’è un modello di vita oggi imperante che è quello di accontentarsi dell’acqua tiepida: né calda, né fredda. Ha il sopravvento la mediocrità, l’adattamento al ribasso, la comodità del proprio status, il non muovere niente perché si è sempre fatto così. La vita, in questo modo, viene a mancare di grinta, di nerbo, di appello alla generosità, al dono, alla radicalità. Gesù conosce queste tentazioni dell’umanità, ma non vuole così i suoi discepoli. Sono venuto a portare un fuoco sulla terra.
Ci aveva gasati tutti il vecchio papa san Giovanni Paolo II al termine della Giornata mondiale della gioventù dell’anno santo 2000, quando uscì in quel grido, mutuato da una donna fragile nel corpo, ma ardente nello spirito, Caterina da Siena, davanti a due milioni di giovani. “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!”
Essere cristiani deve avere l’ardore del fuoco. Nel petto dei due discepoli di Emmaus il giorno di Pasqua, di fronte alle parole appassionate del finto pellegrino, sotto le cui sembianze si era fatto vedere Gesù, ardeva il cuore, era incontenibile la gioia e la passione. A San Filippo Neri si erano deformate le costole per l’ardore d’amore verso Gesù Cristo che spingeva il suo cuore a dilatarsi.
Un fuoco che brucia il male, che toglie di mezzo le sterpaglie della vita, che purifica come in un crogiolo i nostri pensieri, che dà calore alla vita contro il freddo calcolo dell’egoismo, deve diventare la vita cristiana. Certo non è questa l’immagine più normale delle nostre comunità cristiane, di tanti fedeli che mal sopportano di dover partecipare alla messa domenicale, di noi tutti che prima di compiere un passo decisivo nella conversione moriamo di calcoli, di sé e di ma.
La fede ha la forza di un fuoco, il suo calore e la sua luce, trova nel Signore l’alimento, nella contemplazione di Lui la sorgente. Il fuoco può far male, perché costringe a concentrarsi sull’essenziale, perché ci stana dai nostri nascondigli, ci priva di inutili appoggi, ci purifica. Gesù nella sua vita è stato questo fuoco. Nella sua peregrinazione per le strade della Palestina, si accorge che non riesce a smuovere niente, ha di fronte un muro di gomma che respinge ogni desiderio di cambiamento ed esclama: come vorrei che questo fuoco fosse già acceso! È la testimonianza della sua passione incontenibile per il Regno e per la salvezza degli uomini. Per Gesù tutto deve essere orientato alla volontà del Padre, che è la nostra vita piena, per ottenerci la quale non ci molla mai.