Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8, 19-21)
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
Molte persone che frequentano poco la vita ecclesiale vedono con malcelato disprezzo la gente che invece gira in parrocchia, frequenta le funzioni, vive nelle aggregazioni ecclesiali. Sono pronte a cacciare loro in gola tutti i difetti che esse hanno e a vederli come scandalo. Tu vai in chiesa tutti i giorni e guarda che cosa combini, che cattiveria provi verso gli altri, che zizzania semini tra la gente… È sicuramente un giudizio impietoso, che spesso nasconde una autogiustificazione per quelli che non vivono una appartenenza alla chiesa più vera e profonda.
Spesso però nelle persone che frequentano la chiesa si annida la tentazione di sentirsi detentrici di diritti di fronte a Dio. Io sono sempre qui a servirti e mi spetta un posto di prima classe, non solo qui, ma anche in paradiso. La gente che segue Gesù nella sua predicazione pensa forse così dei parenti di Gesù, di sua madre. Sono parenti, hanno in comune familiarità, conoscenza, dimestichezza, consuetudine. Si saranno fatti un minimo di diritto di poter stare con Gesù! Invece Gesù, come sempre, molto deciso dice: mia madre e miei fratelli sono solo coloro che ascoltano e concretizzano nella vita la Parola di Dio. L’unico titolo che vi rende più vicini a me, che vi dà accesso alla comunione con il Padre, con la vita trinitaria di Dio, con la sua bontà, la sua amicizia, il suo perdono non è né sangue, né consuetudine, né parentela, ma è solo ascolto e accoglienza della Parola di Dio. C’è una parentela innovativa, un legame di sangue indissolubile, nuovo, è il legame con la Parola con quel dono che penetra come spada a doppio taglio nella vita delle persone e ne svela la bontà e l’amore. C’è un ascolto delle meraviglie di Dio che rende untiti a Gesù, c’è una adesione a Lui che è la Parola vivente che stabilisce consanguineità nuova.
Nemmeno noi, che ci possiamo ritenere uomini e donne di chiesa abbiamo maturato dei diritti di parentela, di intimità con Dio per le nostre consuetudini, il vocabolario, le tradizioni… gli abiti… l’unico titolo anche per noi è farci assidui ascoltatori della Parola.
Nessuno si guadagna un diritto di cittadinanza nella fede, dato dall’essere nato o trovarsi in un determinato luogo. Non ci sono immigrati che fanno la fila per avere il permesso di soggiorno nella famiglia di Dio, l’unica fila necessaria è quella di chi accoglie la parola e le dà carne nella sua esistenza, ascolta e vive i doni di Dio. Forse è una fila che non vediamo, che non riusciamo a interpretare, perché la crediamo solo orientata a strappare qualche pacco, qualche risorsa per campare, ma è una fila che desidera una sorgente più profonda, che prova una sete più radicale, la sete della Parola di Dio che noi spesso facciamo mancare o doniamo con ricatti, o temiamo di buttare. Il seminatore che va a seminare nel campo del regno di Dio invece sparge a larghe mani, è prodigo, sa che la Parola può scavare vita anche dai sassi.
Ascoltare la sua Parola non è questione di audizione di discorsi, di raccolta di parabole, di emozioni retoriche, ma è adesione alla vita di Gesù, accoglienza della volontà di Dio, mettere la vita nelle sue mani, avere fede e fare di Gesù, la Parola vivente, il centro della nostra esistenza. Questo è molto più dei legami di sangue.