Lasciateli venire da me, io sto dalla loro parte.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 19,13-15)

In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».
E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.

Audio della riflessione

Matteo aveva parlato di bambini appena prima nel capitolo fondativo della comunità cristiana, il 18. I discepoli seguono da qualche tempo Gesù e un po’ alla volta riescono a intuire la sua passione, la sua dedizione assoluta a una causa e cominciano a intravvedere che si deve far strada un altro modo di pensare al vivere assieme di tutti coloro che si dedicano a questa grande causa, si prefigura cioè una nuova “patria” per la nuova vita credente. Questo nuovo modo di vivere, di pensare a Dio, di relazionarsi con Lui esige un assetto conseguente delle relazioni tra le persone. La Torah aveva costruito la società ebraica, il Vangelo che società può costruire? Questi sogni e progetti che i discepoli vagheggiavano in prima approssimazione si chiamavano: regno dei cieli 

“Voi fate parte di un mondo strutturato in questa maniera perché la Torah esige quello che siete, che mettiate il Tempio al centro della vostra stessa vita sociale, che vi atteniate a tutta una serie di precetti secondo cui viene organizzato il servizio al Tempio, il sacrificio da offrire, le persone destinate al funzionamento di ogni pratica. Sono 613 le norme che dovete osservare e che strutturano la vostra stessa vita sociale in base alla Torah. C’è apposta una tribù sacerdotale, esistono innumerevoli riti.  

Io però vi ho detto e vi sto dimostrando che la Torah, sempre rispettabilissima e guai a chi la snobba, non è più in grado di dare salvezza all’uomo. È il vangelo, la bella notizia, il nuovo orizzonte. E questo orizzonte esige un nuovo assetto delle vostre relazioni, un nuovo modo di vivere assieme, di rapportarsi, di convivere e progettare vita.” 

Sarebbe come se, convertendoci veramente alla vita offerta dal vangelo, a ciascuno di voi venisse in animo di riguardare al suo gruppo o alla sua parrocchia e volesse riscriverne il funzionamento, il modo di incontrarsi, le relazioni, le iniziative in base alla conversione sperimentata e profondamente sentita.  

Che si fa in un gruppo? Ci sono dinamiche, accomodamenti, leggi non scritte, comportamenti sopportabili e altri non sopportabili… anche senza esserne coscienti. Se decidiamo per esempio che il nostro gruppo va in missione, come si devono cambiare le leggi, le dinamiche, le progettualità? Chi è più adatto a condurre il gruppo se d’ora in avanti il suo fine è questo? Che parrocchia occorre essere se vogliamo dare gambe alla nostra conversione, ai nostri sogni? Si può continuare ad abituarci tra di noi come al colore delle pareti? Si può andare a messa a e stare in chiesa negli ultimi banchi col piede levato? 

Così si sentivano i discepoli di Gesù. “I sogni che ci hai messo in cuore non riusciamo più a tradurli seriamente nella struttura rigida, ormai diventata ritualistica soltanto, del Tempio. Un modo di organizzare la vita così va bene se è più importante il sabato che l’uomo, l’offerta che poni sull’altare piuttosto che il cuore che la porta, il sacrificio e non l’uomo. Proviamo allora a pensare come si deve riorganizzare una comunità che si condensa e trova ragion d’essere solo nella buona notizia che tu ci hai portato. 

Per esempio: ci sarà anche in questa nuova comunità un principio gerarchico. Allora chi sta al centro, al vertice? Chi è il più grande nel regno dei cieli? La risposta: Chi si fa piccolo come un bambino. Il bambino presso gli ebrei e visto come una appendice della donna che a sua volta è possesso del maschio, è pressoché una nullità. È il simbolo del bisogno, dell’indigenza, della piccolezza, della fragilità, della vulnerabilità, della non autosufficienza, del bisogno dell’altro. Esiste solo se appartiene a un altro, è la debolezza fatta persona. Essere piccoli è anche sentirsi figli, sentirsi limitati, avere un rapporto con qualcuno da cui dipendiamo. Questo principio allora va messo in pratica, ma alla prima occasione i bambini disturbano, come sempre, cambiano il modo di fare, esigono attenzioni, un loro posto. E Gesù interviene di nuovo e dice: se sono loro il centro lasciateli venire, io sto dalla loro parte.