Festa di S.Lorenzo, diacono e martire
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
L’istinto della conservazione è una forza indispensabile per poter vivere. Il bambino lo esprime con tutte le forze che ha, lo comunica con tutte le modulazioni del suo pianto. Non intende ragioni quando ha fame, gli puoi far vedere che ti stai preparando, che è quasi pronto, che bisogna aspettare perché scotta. Lui non cede. Gli è stata messa dentro una forza che neanche lui può controllare. Le sue mani portano tutto a sé. Poi cresce, si relaziona coscientemente agli altri e diventa capace di scambio e finalmente di dono, d’amore disinteressato. Molti di noi adulti forse siamo regrediti ancora al primo stadio, tanto siamo attaccati a noi stessi, alle nostre cose, alla nostra vita, ai nostri diritti, alle nostre precedenze, ai nostri gusti o pensieri. E così abbiamo costruito anche la nostra società, in difesa sempre e soprattutto. Prendiamo o doniamo con una mano per rubare con l’altra. Non siamo ancora riusciti a estirpare dal nostro spirito la guerra. Ci sono voluti secoli per cancellare la parola schiavitù, anche se ultimamente ce n’è un ritorno subdolo, ma non siamo ancora capaci di pensarci sicuri, uomini liberi, solidali con tutti senza porre confini, senza attaccare per primi, abolendo la parola guerra. È ancora pensata come fatto ineluttabile. E la guerra esterna è prima di tutto ancora guerra dentro di noi.
Chi ama la sua vita la perde. Se ti attacchi a quel che sei ti trovi che le tue mani stringono aria. Ti sembra di essere sicuro, ma senza che te ne accorgi resti solo, vuoto assetato.
È una legge della vita da cui tutti dobbiamo passare se vogliamo amare, se vogliamo costruirci un futuro.
Il nostro vecchio mondo occidentale opulento ha già in sé i segni della morte, perché la vita esplode altrove, la capacità di rischiare, è altrove, noi costruiamo solo confini per difendere. È così anche la vita di fede.
Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto. Noi siamo quel chicco di grano, noi abbiamo dentro il sogno di grandezza di una vita, di uno slancio vitale, di una promessa assolutamente da attendere e compiere; noi siamo solo un chicco che se si chiude, si cementa in se stesso, non fa scoppiare la vita che ha dentro. Il seme non è da contemplare o da custodire, farebbe la fine del talento sotterrato. Il seme invece va interrato, marcisce, esige rischio e soprattutto speranza, anche perché questa terra in cui muore non è una fredda tomba, ma l’amore tenerissimo di un Padre che ti ricostruisce e regala nuova la vita. Gesù ha anticipato per tutti l’esperienza di questo abbandono nelle braccia del Padre. Chicchi di grano seminati così sono stati tutti i martiri, lo è stato anche san Lorenzo, di cui oggi facciamo memoria, lo sono stati tutti i suoi compagni compreso il papa san Sisto. Sono tutti nelle braccia del Padre con pienezza di vita; quella cui tutti aspiriamo.